Il volume di Giorgio Caravale “Libri pericolosi. Censura e cultura italiana in età moderna” è in libreria per i tipi di Laterza.
Libri pericolosi è un bel titolo, e promette bene in tempi e luoghi come i nostri dove poco si legge e i libri non godono di grande considerazione. Mi ha fatto venire in mente quando anni fa abbiamo presentato a Firenze, con l’autrice e Massimo Firpo, il bel libro di Gigliola Fragnito, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura (1471-1605). Ricordo di aver detto che in fondo, con il distacco che il tempo ci permette, dovevamo essere grati ai censori che con tanto accanimento ci mostravano la pericolosità dei testi letterari e così ci facevano riflettere proprio sul potere e la forza della letteratura, che spesso la critica accademica tende a dimenticare.
Della ricerca di Gigliola Fragnito e di tantissime altre che in questi anni sono state dedicate al tema della censura ecclesiastica in età moderna questo libro fa tesoro impegnandosi nello stesso tempo ad allargare e arricchire il campo dell’analisi. Vi si trovano fra l’altro i risultati di periodi di insegnamento e di ricerca svolti negli Stati Uniti, oltre che di una lunga frequentazione dell’Archivio della Congregazione per la dottrina della fede; preziosi si rivelano inoltre i nuovi materiali che l’apertura degli Archivi romani del Sant’Uffizio, nel 1998, ha messo a disposizione degli studiosi.
Al centro della ricerca sta la storia del libro, questo oggetto fragile, a lungo non tutelato, spesso sottratto al controllo di chi l’ha scritto, che chiama sulla scena una serie di soggetti: gli autori, gli stampatori, i censori, i lettori, i librai, i predicatori, ma anche chi diffonde fogli volanti, “piccole scritture”, immagini infamanti, “avvisi” ,chi plagia e riscrive testi altrui, chi comunica oralmente a “semplici et indotti” i frutti delle sue letture.